Stimolazione cognitiva

Stimolazione cognitiva – A chi si rivolge?
>Stimolazione cognitiva per persone anziane affette da decadimento cognitivo (Alzheimer e altre forme di demenza) o persone anziane che vogliano mantenere un buon funzionamento cognitivo; adulti con traumi cranici, post-ictus, tumori cerebrali
In presenza di debolezze di memoria o altre funzioni cognitive è possibile intervenire mediante percorsi appositi che permettano di compensare eventuali deficitarietà. In seguito a un’accurata valutazione neuropsicologica, che permetta di individuare punti di forza e debolezze, è possibile definire un percorso di stimolazione delle abilità cognitive, indicato sia in presenza di iniziali deficit cognitivi sia in presenza di una diagnosi di decadimento cognitivo.
Secondo le linee guida dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria (Caltagirone et al., 2005) l’attività di stimolazione cognitiva dovrebbe infatti essere associata all’intervento farmacologico attualmente disponibile per il rallentamento del declino cognitivo. Gli inibitori reversibili dell’acetilcolinesterasi (AChE) e la memantina, attualmente unici medicinali approvati in Italia per il trattamento dell’Alzheimer e del decadimento cognitivo, (nota 85 dell’Agenzia italiana del farmaco), andrebbero associati a un trattamento di natura comportamentale, quale la stimolazione cognitiva, che permetta di massimizzare l’effetto di rallentamento sulla progressione sintomatologica.
Ma cosa si intende per stimolazione cognitiva? Si intende un percorso composto da esercizi carta e matita o computerizzati, appositamente selezionati o creati sulla base dei bisogni individuali del paziente, che permette di attivare le funzioni mentali non completamente deteriorate, intervenendo sulle potenzialità residue e perseguendo una compensazione delle abilità perdute. L’efficacia di tale intervento si basa sul fenomeno della “ridondanza”, secondo il quale ogni funzione può essere assolta da più circuiti neuronali per cui, qualora il principale subisca un danno, possono subentrare in sostituzione altri circuiti. Occorre tuttavia mantenere attivi tali circuiti e connessioni, esercitandoli più volte (“Use it or Lose it”, usalo o perdilo). Inoltre ogni neurone ha bisogno di essere circondato da altri neuroni il più possibile “in forma”, così da esserne “nutrito”.
Inoltre dati recenti (Kivipelto et al., 2013; Ngandu et al., 2015) mostrano che l’attività di potenziamento cognitivo contribuisce in maniera significativa a un invecchiamento di successo, rallentando la progressione di un calo fisiologico della abilità mnesiche e ponendosi quale fattore protettivo contro l’insorgenza di patologia neurodegenerative.
Infine attività di riabilitazione cognitiva, in base a quanto sopra delineato, risultano indicate anche per persone che abbiano subito un trauma cranico o un ictus e desiderino recuperare la funzionalità cognitiva conseguentemente perduta, o compensarla. Anche in questo caso una preliminare valutazione neuropsicologica permette una definizone accurata del percorso da intraprendere.
“Non potete evitare di invecchiare, ma non dovete per forza diventare vecchi” (George Burns)
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